La seconda edizione della Festa, 30-31 Agosto 1980, rappresenta la svolta dell’intervento politico sociale di quelli de «Foi de’ Borg». La festa, partita come un ‘azione del gruppo legato alla testata, si rivela talmente grande, talmente nuova che «si mangia è foi» e diviene «la festa».
Gli organizzatori consciamente o inconsciamente si erano resi conto di aver messo in moto un meccanismo che superava loro stessi, e coloro che erano stati a guardare osi erano affacciati timidamente vengono coinvolti nell’organizzazione della «festa».
Lo stesso Consiglio di Quartiere distacca gli uomini migliori nel comitato promotore. Il borgo ora inizia la sua trasformazione sotto la spinta dell’entusiasmo della prima festa, trasformazione determinata dall’interesse della città che diventa interesse per le case del borgo, che da posto di ritrovo per tossicodipendenti inizia a diventare quella specie di «rive-gauche» tanto amata da uno dei massimi organizzatori.
I riminesi incominciano a comprare le vecchie case e con la affluenza di capitali inizia la vera ristrutturazione del borgo.
Questo cambiamento di linea strategica spacca il comitato promotore in due frazioni: I conservatori, fedeli alla impostazione del borgo come luogo dei proletariato e gli innovatori che assecondano la tendenza emergente.
Nascono divergenze anche sul piano personale, la «Festa» produce due manifesti, molti anche all’interno sperano nella non riuscita dell’edizione ’80; ma l’uomo sul filo che a metà della traversata del porto canale lascia cadere il fantoccio, fa scorrere un brivido freddo nella schiena di tutti quelli assiepati suite sponde.
Qui scatta l’archetipo del restare (conservare), partire (rischiare), ma a cadere è solo un pupazzo: il borgo aveva già scelto di andare avanti.
Maurizio Lazzarini